Laura Pariani racconta i cinque romanzi finalisti in gara
Luglio 25, 2021
I romanzi del Premio Lattes Grinzane 2021
“LE SCELTE DI UNA VITA PIENAMENTE ADULTA”
il filo rosso che unisce i romanzi finalisti 2021
di Laura Pariani (giuria, Premio Lattes Grinzane)
I libri che quest’anno sono stati scelti dalla giuria del Premio Bottari Lattes rintracciano nelle vite dei protagonisti le radici dei loro comportamenti e i tentativi più o meno riusciti di tagliare il cordone ombelicale con i propri genitori. La nostra esistenza viene infatti condizionata dai modelli, dai ruoli, dal clima emotivo che durante l’infanzia la nostra famiglia d’origine ci trasmette. Cosa mantenere del proprio passato e cosa lasciar andare è perciò questione decisiva per ciascuno di noi.
Nicola LAGIOIA, La città dei vivi
Lo scrittore ricostruisce un caso di cronaca nera, indagando la psicologia dei giovani coinvolti – cosiddetti ragazzi di buona famiglia – al di là delle definizioni giornalistiche di “vittima predestinata” e di “carnefici”. Nella gran mole di documenti raccolti da Lagioia, balza agli occhi la riluttanza dei due assassini a riconoscere le proprie responsabilità: parlano infatti “come se ad agire non fossero stati loro ma qualcos’altro, un oscuro regista che aveva preso il sopravvento”. Da dove viene la loro voglia di distruggere il più debole o di ridurre un coetaneo al nulla? La violenza è un’eredità inevitabile che ristagna sul genere umano dalla notte dei tempi? Educazione e cultura possono tenerla a bada?… Nella ricostruzione del crimine emergono differenze di classe, legami disfunzionali, vecchie ferite non sanate; ma anche lacerazioni di un paese terribilmente in ritardo sulle questioni di genere e di orientamento sessuale. E mentre pone domande ricercando le ragioni di ciascuno, Lagioia si mette in gioco tra le righe perché fondamentale nella vita è capire il senso della propria storia, cosa ci è accaduto e perché. Con il sottofondo implicito della domanda: che cosa sarebbe successo se?
Abdolah KADER, Il sentiero delle babbucce gialle
L’educazione sentimentale e artistica dell’iraniano Sultan inizia sotto la guida di un nonno convinto che ogni essere umano abbia un jinn “che vive con lui, dentro di lui e accanto a lui” per guidarlo lungo i sentieri della vita. Nato in un castello di nobili commercianti di zafferano, per superare il senso di solitudine delle alte mura che tracciano un vero e proprio confine tra lui e i suoi coetanei, il protagonista si abitua a guardare il resto del mondo con un cannocchiale. In questo modo imbocca un sentiero che determinerà il suo futuro: col bisogno di guardare il mondo attraverso una lente, sviluppando una vera passione per l’immagine, dalla fotografia al cinema. Come nell’antico poema persiano che introduce il romanzo, Sultan va alla ricerca di sé traversando la modernizzazione forzata imposta dallo Scià negli anni Cinquanta, l’epoca khomeinista che lancia una fatwa contro i cineasti, la cruda esperienza di documentarista nella guerra con l’Iraq. Infine, nella scelta di scrivere un romanzo e nella lotta quotidiana con la lingua dell’esilio olandese, Sultan – come lo stesso Kader – scopre di poter collegare definitivamente le “linee invisibili che univano il tutto”.
Bernardine EVARISTO, ragazza, donna, altro
Si tratta di un romanzo corale che cuce insieme le voci di dodici protagoniste. Come in un coloratissimo patchwork, ripercorriamo i momenti cruciali della vita di ciascuna, dall’infanzia in cui si crea il proprio sistema di convinzioni fino al presente. L’appartenenza a una classe sociale, il colore della pelle, l’identità sessuale e l’adesione a un credo politico fanno la differenza anche nei momenti intimi del rapporto con se stessi e con gli altri, costituendo un aggregato specifico di tensioni, limiti e potenziali incomprensioni tra persone che pure sono profondamente legate per parentela o amicizia. La Evaristo mette perciò in risalto il bisogno di venire a patti con la propria storia: comprendere le radici dei propri comportamenti permette di scegliere un modo nuovo, autentico, di vivere le proprie relazioni. Perché, come dice Yazz, una delle dodici: “io non sono una vittima, non trattarmi mai come una vittima, mia madre non mi ha cresciuta per farmi diventare una vittima”.
Maylis de KERENGAL, Un mondo a portata di mano
La formazione della ventenne Paula, come donna e artista, avviene in un continuo trovarsi al bivio: artigianato o arte, vecchio o nuovo, leggerezza o passione. L’indipendenza è conquistata apparentemente senza traumi; non avviene infatti uno scontro netto con la famiglia d’origine: i genitori borghesi, che esibiscono una longevità amorosa sorprendente, sembrano semplicemente alzare un sopracciglio di fronte all’apparente casualità con cui Paula sceglie le relazioni affettive e gli ingaggi nei vari cantieri – dai set cinematografici alle grotte di Lascaux. Ma a un certo punto la protagonista scopre che anche lei, come tutti, è scavata da fiumi carsici e gallerie oscure. E la sua educazione sentimentale si completerà nella lettura di Anna Karenina, romanzo che leggerà d’un fiato, “magnetizzata dalla costruzione progressiva dell’amore, tagliato, scheggia dopo scheggia, come un’amigdala del Paleolitico fino a diventare tagliente come una lama e capace di incidere un cuore in silenzio”.
Richard RUSSO, Le conseguenze
Esiste nella nostra adolescenza un momento di incroci, bivi e svolte ( le chances del titolo originale), ma una volta imboccata una strada, avviata la discesa verso la cosiddetta età adulta, non restano che le conseguenze (il titolo della traduzione italiana) di tali scelte. Con rapidità l’innocenza si tramuta “in orgoglio e l’orgoglio in una delusione schiacciante, in disperazione, in amarezza e alla fine in rassegnazione e disprezzo di sé”. Così, a quarant’anni di distanza da quel breve e smagliante momento delle “possibilità”, Lincoln, Teddy e Michey si ritrovano a fare i conti con verità sepolte nel profondo della coscienza. Una di queste è che ogni esistenza ha un desiderio quasi insopportabile – per i tre amici di un tempo, l’affascinante Jacy – e un’occasione per inseguirlo. Un’altra è che la famiglia in cui cresciamo – col suo sistema di aspettative e obblighi – ce la portiamo dentro tutta la vita e “fare ai tuoi figli quello che è stato fatto a te è la storia più vecchia del mondo”. Nella malinconica fine-stagione della vita, è allora impossibile avere un’altra chance? Teddy, che “per anni aveva creduto di non avere un compito urgente da svolgere nel mondo, o che il mondo non avesse nulla in serbo per lui”, ha un guizzo di entusiasmo che forse gli darà un’ultima possibilità.
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